9 apr 2011

In Utero 2

Dedicato a G.C. e a F.P.


E' iniziato.

Il mese di aprile è iniziato.
Un mese che di solito mi avvinghia.
Il mese in cui sarò destinato a morire.
Non è la prima volta che ve ne parlo: C/mare (Na): In Utero.

E' venerdì. Me ne vado alla redazione napoletana de "la Repubblica" - di fronte alla Villa Comunale, a un passo da Villa Pignatelli - per concordare con Francesco Rasulo, Edo Scotti e Giovanni Marino gli articoli che, a fine mese, dovrò scrivere per documentare l'ormai tradizionale appuntamento del Napoli Comicon, la kermesse del fumetto, dell'illustrazione e dell'animazione che da Castel Sant'Elmo e dalla Mostra d'Oltremare si irradierà attraverso tutta la città, con propaggini a Salerno e in provincia di Benevento.



Fa caldo. Molto caldo, ma mi sento bene. In treno mi sono portato un volume di "Strangers in Paradise" che attendo di leggere da troppo tempo ormai e che, una volta aperto, mi soddisfa pienamente.

In redazione tutto ok. L'amico Ottavio Ragone mi dà il benvenuto col solito calore, Rasulo accoglie come possibili tutte le mie proposte, Marino accetta volentieri di pubblicare un articolo online dedicato a una mostra sul cartooning spagnolo che si terrà in un importante istituto culturale straniero. Con Gianni Valentino, poi, l'esperto musicale del giornale, ci scambiamo un paio di dritte per lavori imminenti.

Me ne esco soddisfatto dalla redazione e, visto che sono le 13 e 30 decido di andarmene a mangiare arancini e crocchè in una rinomata salumeria-rosticceria che si trova poco distante, proprio davanti all'ingresso di un istituto superiore in cui ho insegnato tre anni fa.

Ci arrivo e mi ritrovo circondato dagli studenti appena usciti da scuola. Ci sono anche alcune mie ex alunne che ho lasciato quando si erano appena staccate dalla pubertà e che adesso sono ragazze fatte e finite, con al seguito boyfriend belli e strafottenti come solo a Napoli sanno essere.

E' un momento felice. Non appena le ragazze mi vedono si precipitano fuori dal minivan in cui si trovavano stipate come sardine e mi circondano manco fossi una rockstar americana.
Non le ho mai perse di vista, ho i loro contatti su Facebook, commentano abitualmente i miei post. La primavera le rende ancora più carine e incoscienti, chiamano una loro compagna appartenente a un'altra classe e si fanno scattare un paio di foto con me.

Parliamo per qualche minuto, ci aggiorniamo a vicenda, ridiamo. Poi, da lontano, piombano in massa anche alcuni ex alunni col quale scambio saluti camerateschi fatti di pacche sulle spalle e cazzotti nei fianchi. Finché uno di loro dice: "Prof., lo sai che R.C. è morto?"
"Stai scherzando? R.C. ... Ma R.C. non era quello che abitava tra Posillipo e Coroglio? Quella capa di cazzo che arrivava sempre in ritardo... bel ragazzino, coi capelli neri neri?"
"Eh, lui! Si è impiccato... A fine marzo..."

E aprile torna a essere aprile. E il sole appare pallido dietro le nubi di calore.

Me lo ricordo eccome R.C., voce flautata, ragazzo di buona famiglia, sempre ben vestito, sempre col motorino adeguato, mai senza minimo una carta da 50 euro in tasca.
Ricordo un colloquio con la madre, mi ricordo che mi parlava dell'attività di famiglia, incentrata su un'importante rimessa di natanti.
Era proprio di fine marzo, un incontro genitori-docenti, e ricordo che con la signora parlavamo dell'indolenza del figlio.
"E adesso andiamo anche incontro all'estate, professore," mi diceva. "E da noi, in estate, la vita si ferma. Per tre mesi sono solamente mare e sole, sole e mare. Ci mettiamo tutti sulla barca o sulla spiaggia e chi si è visto si è visto. Se ne parla a metà settembre."

Ricordo che citai James G. Ballard durante quella conversazione. Citai il ciclo di Vermilion Sands, una manciata di racconti ambientati in una cittadina a ridosso di un lago prosciugato. Un luogo immobile in cui gli abitanti conducono un'esistenza spiaggiata, priva di ambizioni, avulsa da prospettive. E sono racconti che amo tantissimo.



R.C. ... impiccato... incontro un altro mio ex alunno, S.C., e gli chiedo ulteriori informazioni... "Voi lo sapete prof., G.C. e F. P. erano assai legati a lui e stanno male... Non sappiamo perché l'ha fatto. Il giorno prima che si suicidasse eravamo andati al cineforum e lui era seduto nella fila davanti a me. E rideva, scherzava! Normale! Non ci abbiamo capito ancora niente. C'è chi dice che avesse incominciato a frequentare qualche brutto tipo, che si faceva qualche canna, ma a quest'età è normale farsi una canna, no?"

Sì, è normale. S.C. ha ragione: è normale. Mi dicono che hanno fatto i funerali in fretta e furia, forse per evitare che la chiesa facesse storie per via del suicidio. La chiesa ci tiene... e se ti professi cattolico ci devi stare

Gli alunni lentamente abbandonano la strada adiacente all'ingresso della scuola. Io vado a comprarmi gli arancini, ma non mi soddisfano. Mi paiono freddi, amari.
R.C. si è suicidato, i compagni non sanno perché, i genitori non sanno perché, nessuno sa perché.

Era fine marzo quando è successo, iniziava a far caldo.
R.C. l'anno scorso era stato bocciato e stava ripetendo la terza. Il caldo, il sole, il mare, la spiaggia, le barche.
La mia mente vaga, cerca accordi, intuizioni.
L'adolescenza è un periodo splendido e tragico, in cui il desiderio di vita si accompagna all'inadeguatezza e alla voglia di morire.
Cosa ti mancava R.C.? La gente dice che avevi tutto, che stavi carico di quattrini... e io immagino quanto dovessi essere carico di quattrini... ma so anche che non è questo il punto...

Ti vedo spiaggiato R.C., prigioniero di Vermilion Sands, incapace di uscire da quel loop spazio temporale dal quale, forse, ormai ti sentivi fottuto.
Tre-quattro mesi... Sole, calore, mare... Mare, calore, sole... Spiagge, barche e docce... e nessun luogo dove andare davvero. E nessuna prospettiva. Un'eterna ripetizione.



Sapessi quante volte mi sono sentito e talvolta mi sento ancora come te, R.C. ... Ma forse ciò che mi differenzia da te è che io amo Vermillion Sands. Mentalmente sono affamato di tutto, mi piace viaggiare e conoscere, ma sono altrettanto attratto dal tempo immobile e dalla dolce sofferenza che questo comporta.
Non lo so. E' aprile, ma al momento mi sento sereno. E' come trovarsi al centro di un uragano. Lavoro, mi godo mia moglie e mia figlia, scrivo, leggo, guardo film e serie TV, mi sposto.
Ignoro il mondo esterno, per quanto mi è possibile.
E attendo non so che.
E ti penso, R.C..

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